Pubblicato da: spgianluca | 21 settembre 2014

Dialogica del Cielo

Dal Vangelo secondo Matteo 20,1-16a.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.
Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna.
Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati
e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono.
Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto.
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?
Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi.
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro.
Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero un denaro per ciascuno.
Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo:
Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro?
Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te.
Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?
Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi».

Ancora una volta ci troviamo davanti un Gesù che conosce benissimo l’animo umano e parte proprio da una parabola che, come punto essenziale ha il lavoro e la bontà di Dio, il Dio giudice e giusto,nonostante che in questo episodio umanamente può sembrare ingiusto. La logica umana avrebbe modificato di gran lunga il finale di questa parabola. Possiamo notare due momenti importanti, la chiamata al lavoro e retribuire questo lavoro. Si parte proprio dagli ultimi, il Signore chiama tutti a seguirla. La vita è un dono, e partendo da questa consapevolezza possiamo comprendere la parabola. L’invidia scaturita dal sudore del lavoro fa ribellare i lavoratori che erano stati chiamati per prima, ma il richiamo è che il Signore Giudice e Giusto non fa torto a questi lavoratori, perché lui li conosceva e già preventivamente aveva pattuito la paga, conosce il cuore, gli anticipa il suo progetto, ma la stoltezza e la durezza dei cuori non fa vedere oltre la retribuzione, in quella parte essenziale che il lavoro ci spinge a riflettere sulla grandiosità della manualità umana per realizzarsi, e definire un uomo nobile. Si dice che il lavoro nobilita l’uomo, io rispondo ma è sempre vero? Se non cambiamo l’idea concettuale moderna sul lavoro non comprenderemo realmente il significato e la gratificazione del lavoro. Ma per noi lavorare nella vigna del Signore è un dono? Per noi saremo capaci di scoprire una dialettica e dialogica nuova del Signore? Non dobbiamo pretendere tutto come i primi operai assunti, perché se no avremmo sbagliato strada. Mettiamoci alla sua sequela del dono, quel dono che inizia con la vita stessa, e che non dobbiamo aspettarci o programmare le nostre retribuzione, perché colui che scruta l’animo di ognuno di noi, ci dona quello che è profondamente nostro. Dobbiamo semplicemente comprendere che siamo amati da un amore gratuito che è più grande di noi. Cerchiamo di non vivere di aspettative, perché Gesù ci guida a vedere in modo diverso per il Regno il Bene, la Giustizia e l’Amore. Non facciamoci travolgere dall’ipocrisia mondana, ma facciamoci travolgere da uno sguardo di amore e dono, che solo il padrone della vigna cosi buono può darci. Comprendiamo la dialogica del cielo invece di quella terrena.

Don Gianluca Spada XXV Domenica del Tempo Ordinario 21 Settembre 2014

particolare affreschi, santuario di Loreto, Acireale.

particolare affreschi, santuario di Loreto, Acireale.

Pubblicato da: spgianluca | 14 settembre 2014

La nostra vita per l’eternità

Dal Vangelo secondo Giovanni 3,13-17.
In quel tempo Gesù disse a Nicodemo: «Nessuno è mai salito al cielo, fuorchè il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo.
E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo,
perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

Non è facile per me, fare una riflessione su questo brano e non pensare al dono della vita che il Signore mi ha donato trentuno anni fa, soffiando quell’alito di vita con il venire al mondo! Una pericope evangelica che esalta, anche se non abbastanza comprensibile umanamente l’amore che Dio ha per noi. È proprio Cristo che da pieno compimento alla storia dell’umanità, anche se umanamente non siamo capaci di comprendere a pieno questo mistero d’amore, che si realizzerà con la sua morte in croce. È la sua più grande manifestazione, della sua gloria e potenza! È vero, umanamente non lo comprenderemo mai questo simbolo di vittoria, di donazione, di quell’amore di salvezza che solo Lui poteva realizzare. Non comprenderemo mai abbastanza il dolore, la persecuzione e la sua morte, se non mettiamo nei nostri occhi l’amore e la fede. Due ingredienti essenziali che ci devono aiutare a vivere pienamente la vita.
Solo se crediamo in Cristo crocifisso: possiamo accogliere il mistero che si incarna e da la vita ad ogni creatura;
Solo se siamo capaci di accoglierne il mistero: diventeremo dono ai fratelli;
Solo se ci poniamo con umiltà alla vita: possiamo partecipare alla vita divina;
Solo se siamo liberi di amare: possiamo vivere.
Il serafico padre Francesco si faceva travolgere dalla croce, con sentimenti di tristezza e gioia allo stesso tempo, e lo faceva oltrepassare al di là di quella visione dolorosa che ogni cristiano è generato da qui! Dalla Croce scaturisce tutto l’amore che Dio ha avuto per noi; Il punto di partenza della nostra esistenza per l’eternità.
Non ricordo bene se fosse una pubblicità che diceva: “il sorriso è il profumo della vita”: per me è stato importante prima nel mondo del lavoro e adesso in questo nuovo cammino che ne ho fatto punto focale di vita “che non è il semplice sorriso ma un modus vivendi” ,l’incontro con il Signore mi ha fatto comprendere ancor di più che siamo troppo piccoli per un dono così grande che è la vita… e quindi viverla pienamente e sorridendo anche difronte alle avversità tenendo nel cuore dell’anima la Croce di Cristo! Non sempre è facile porsi sotto la croce, accettarla ma se consideriamo che proprio da qui parte una vita nuova e fortificata, allora si che possiamo camminare insieme e con il Maestro per vivere pienamente la nostra vita. Immensi doni ho ricevuto in questi giorni, ed è proprio la manifestazione della croce nella mia vita, nella nostra vita, che ci deve far assaporare tutto questo come dolcezza infinita! Si, spendiamo la nostra vita per credere in Lui, affinché abbiamo l’eternità! Grazie Gesù per ogni tuo dono!
Don Gianluca Spada, Solennità dell’Esaltazione della Croce 14 Settembre 2014, Giorno del mio genetliaco.

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Pubblicato da: spgianluca | 31 luglio 2014

Una vita concreta verso la santità!

Fuori da ogni calcolo umano oggi celebriamo un grande santo spagnolo, ma che da a tutto il mondo una svolta di considerazione e arrivo alla meta della santità coinvolgendo tutto il vissuto umano. Ignazio di Loyola inserisce la questione moderna dell’autorealizzazione dell’uomo in una metodologia sistematica degli esercizi spirituali, nei quali ogni uomo in rapporto diretto con Dio, fondamento di ogni creatura, inizia un cammino per la sua vocazione specifica e assume su di se la formazione della propria vita. Il cammino spirituale e il rapporto con il vissuto dell’uomo in S. Ignazio è, a mio parere, uno dei pochi dove l’esperienza del proprio vissuto deve intrecciarsi immancabilmente con lo spirito. Cosi facendo l’esperienza del mistico spagnolo non solo crea una base umana concreta e non astratta, ma l’esperienza del divino non cade nel devozionismo o nello spiritualismo esagerato. Il cammino realizzato con questa ricerca non si potrebbe dire concluso o addirittura aver scoperto l’acqua calda, anche se Ignazio non arrivò a scrivere un trattato vero e proprio sull’uomo, la sua visione dell’uomo viene illuminata dalla sua esperienza che fa fondere con quella teologia della concretezza dell’essere umano, senza tralasciare la trascendenza al divino. L’unitarietà dell’antropologia di Ignazio è basata proprio sull’unità dell’anima e del corpo: “le strutture antropologiche fondamentali dell’essere umano secondo Ignazio; un essere umano persona, capace di mettersi in relazione e in dialogo con Colui che l’ha creato come tale; capace di mettersi in relazione con il Trascendente. (G.Piva)”. In questi ultimi anni ho avuto modo di conoscere questo Santo e tra i tanti aspetti che ho riscontrato in Sant’Ignazio, uno in particolare mi sprona a continuarne la conoscenza e ad approfondirlo: nel suo Diario troviamo un uomo forte e cavaliere che fa i conti con le lacrime ogni giorno, un pianto che a mio avviso deve essere analizzato in simbiosi con l’anima orante e che nell’inconsapevolezza umana viene ricolmata dal trascendente. Perché le lacrime sono sentimenti d’amore che non sono governabili e sgorgano dal di dentro, da un vissuto che fa i conti con l’anima. Ogni lacrima ci lacera dentro, ma ci risana allo stesso tempo! Pensando al pianto di Gesù, il datore della vita si unisce al dolore umano, guarisce la ferita profonda del peccato. L’umanità vissuta di Ignazio mi fa pensare che ci sono cose che possono vedere solo gli occhi che hanno pianto, e spesso non siamo cosi consapevoli che tutto sommato siamo cosi piccoli per un dono cosi grande che è la vita. Meditare oggi la sua memoria ci deve spronare a vivere la propria vocazione senza ipocrisia facendo i conti con la realtà della nostra umanità. Ignazio ci deve rassicurare e farci aumentare la speranza perché proprio nei momenti in cui non percepiamo l’intervento divino è proprio li che il Signore ci sussurra al nostro cuore il suo immenso amore e che noi dobbiamo rispondere con quell’abbandono e docilità del cuore che solo un innamorato di Dio può coltivare con spirito libero e felice! Per fare della nostra vita tutto per la maggior gloria di Dio! Grazie Ignazio perché mi sproni ad essere libero; grazie perché mi dici di non seguire un mondo ipocrita, grazie perché mi sei d’esempio a sorvolare quella umanità invidiosa e falsa ma puntare in alto per un amore più grande; grazie perché mi sussurri ad abbandonarmi a Lui quel Gesù che sconfigge ogni male; Grazie perché hai messo in pratica conoscendo l’umanità la strada verso la santità; Grazie Ignazio perché tu attraverso le difficoltà sei stato come oro nel crogiuolo, e ora splendi in santità. Si Ignazio ci spingi ad avere una vita concreta verso la santità!

Festa di Sant’Ignazio di Loyola, Patrono di Piedimonte Etneo (ct), Fondatore della Compagnia di Gesù, 31 Luglio 2014

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Pubblicato da: spgianluca | 13 luglio 2014

Germogliare anelando all’amore di Dio

Dal Vangelo secondo Matteo 13,1-23.
Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare.
Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare.
E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono.
Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo.
Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò.
Un’altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono.
Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta.
Chi ha orecchi intenda».
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?».
Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.
Così a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.
Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono.
E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani.
Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono.
In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l’udirono!
Voi dunque intendete la parabola del seminatore:
Tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.
Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l’uomo che ascolta la parola e subito l’accoglie con gioia,
ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato.
Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l’inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto.
Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».

 
Ci ritroviamo all’ascolto della Parola di Dio in parabole, potremmo ipotizzare e spiegarne il significato di tutto, ma sarebbe solo un azzardo di ipotesi. In questo brano troviamo il Maestro che spiega l’utilità delle parabole, ma nello stesso tempo la difficoltà ad essere comprensibili a tutti, lui prepara il cuore e la mente dei suoi discepoli e li fa camminare insieme a lui. Gesù esce va fuori e si siede in riva al mare, viene a sedersi nella riva del nostro cuore, in quel cuore umano a cui, Lui, vuole parlare, cerca l’incontro indispensabile con l’umanità, con l’intimo dell’uomo, parla in parabole: questa è la Domenica del Seminatore, Lui esce e semina la sua parola, annuncia la salvezza, annuncia il suo immenso amore!. Nello specifico spiega com’è difficile per l’uomo accoglierne il seme, è un grande il Maestro perchè cerca di far capire nei minimi dettagli e a tutti con le sue parabole, la sminuzza la parola rendendola di facile comprensione. I suoi discepoli si stupiscono come mai non sia ancora più diretto, ma è impossibile perchè sarebbe ancora più incomprensibile questo mistero. Sarebbe stato un impatto troppo duro per quel popolo che ha dimenticato Dio e non medita la parola di Dio. Egli, mette in guardia da tutti i mali che possono farci offuscare e non accogliere la Parola che si fa carne che è la nostra salvezza. Conosce così tanto la nostra umanità, che comprende che anche se sta ammaestrando grandi folle, solo pochi accoglieranno i suoi insegnamenti. La Parola paragonata ad un seme che, se facciamo caso ha una grande forza che può scaturire in una vita nuova, mettendoci in guardia che noi siamo il terreno, che deve essere sempre pronto ad accoglierlo. Lui, getta il seme senza risparmiare nulla, anche se consapevole che la maggior parte non verrà accolta. Il nostro cuore deve essere un terreno fertile per accogliere la parola e che possa scaturire in vita nuova portando frutto. La parabola del seminatore oggi potrebbe essere quasi in disuso perché sembra che abbiamo smesso di lavorare la terra, di seminare, di essere contadini e vivere genuinamente. Ma non ci viene chiesto null’altro che, accogliere la parola di Dio e portare frutto da questo incontro con il Maestro, il nostro cuore ormai lo abbiamo abbandonato a tutti i pensieri che soffocano i semi ricevuti, dunque rimbocchiamo le mani e zappiamo questo cuore per renderlo accogliente. Diventiamo a nostra volta seminatori senza perdere la speranza, senza calcoli come ha fatto il Maestro e che continua a fare anche oggi. Chissà se, il Maestro oggi avesse utilizzato anche questa piazza virtuale per seminare la parola affinché arrivasse dovunque, nella speranza di trovare un angolo di terra buono per far germogliare la vita. Ci chiede un amore immenso e folle per coltivare questo seme misterioso di vita nuova, cerchiamo di coglierne il rumore del seme che cade, del seme che si schiude per germogliare, quello stesso seme che muore per noi, per essere salvati. Mutiamo le pietre del nostro cuore per diventare campo buono. Come può germogliare un seme nel nostro cuore? È il mistero di Dio! ma dobbiamo disporci a questo evento e attendiamo nel nostro cuore questo seme che germoglia anelando all’amore di Dio.
Don Gianluca Spada 13 Luglio 2014 XV Domenica del Tempo Ordinario

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Pubblicato da: spgianluca | 6 luglio 2014

Il grande ristoro

Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

In questa Domenica il Maestro attua una preghiera di ringraziamento perché, comprende che, solo i piccoli d’animo possono contenere il grande Mistero di Dio, un cammino che fa il Signore incontro al suo popolo, un popolo spesso ostile alla misericordia e al suo amore senza confini. Gesù prega e rende lode al Padre per questo immenso dono di vera umanità, ci sprona a diventare piccoli e non di statura o anagraficamente, ma piccoli dentro, quella piccolezza che sta nell’umiltà, perché attraverso questa via possiamo accogliere la rivelazione che il maestro vuole porre nel nostro cuore per comprendere questa grandiosità del Padre che lo ha inviato. Gesù ci sprona a pregare e rendere lode al Padre, anche per noi, nei momenti in cui vediamo superbia e ipocrisia incombere su di noi e sul nostro camminare per le strade del mondo. L’attualità di questo brano ci deve far comprendere che avvolte non c’è bisogno di grandi trattati teologici per comprendere il mistero di Dio. Camminando vediamo volti, cuori e santità che, se non ci disponiamo con umiltà nell’accoglierli, non comprenderemo mai il dono ricevuto, ma solo cosi possiamo comprendere commossi, e con una gioia indescrivibile la carezza di un malato, lo stringere le mani e non lasciarti più degli anziani, la spontaneità dei bambini, la forza dell’annuncio, la fatica del cammino. Tutto questo dobbiamo porre nelle mani del maestro che ci dice: che la nostra stanchezza, l’oppressione se li mettiamo nelle sue mani, sarà forza rigeneratrice, e se tutto ci sembra pesante, lui ci confida che la forza che riceveremo da Lui ci darà la forza per affrontare tutto. E allora sembra proprio una grotta nell’arsura estiva, che all’interno troveremo quella freschezza non gelida ma che rianima il nostro corpo affaticato e avvolto dal caldo! Accantoniamo trattati, e discorsi umanistici e viviamo questa umanità in piccolezza per accogliere la grandiosità del mistero. Spesso ci possiamo trovare in queste situazioni descritte fra le righe dal Maestro, e ancora più facile non vedere la via d’uscita, ma la tenacia e l’affidamento con cuore umile al Signore ci farà scoprire orizzonti nuovi di una teologia grandiosa fatta di Amore. Diventiamo piccoli per accogliere la grandiosità di Dio, per essere sempre ristorati dal balsamo di misericordia e amore che ci rinvigorisce per andare incontro alla rivelazione e annunciatori di questa grandiosità. Aneliamo nel nostro cammino seguendo il maestro e facendo la sua volontà nell’umiltà riceveremo il grande ristoro che ci da con il corpo e con la Parola.

Don Gianluca Spada XIV Domenica del Tempo Ordinario 06 Luglio 2014 2255

Pubblicato da: spgianluca | 29 giugno 2014

Annunciatori senza confini

Dal Vangelo secondo Matteo 16,13-19.
In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?».
Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Voi chi dite che io sia?».
Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli.
E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.
A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

La liturgia di questa domenica ci mette fra le mani due grandi personalità e ci vuol spronare dall’esempio e scuotere il nostro credere. È il Vangelo della domanda essenziale che Gesù pone ai discepoli, è la domanda la cui risposta deve essere suggerita dallo Spirito! Una strada, un cammino in questo Vangelo che non ci fa fermare a dare una risposta secca e arida, ponendoci ancora tutt’oggi una marea di domande a noi stessi prima di rispondere alla domanda del Maestro! Oggi assistiamo a tantissime affermazioni: credo in Gesù, sono cristiano ma la Chiesa no! Quanta ipocrisia ci sono in queste parole, proprio chi punta il dito contro la Madre Chiesa, è proprio un masochista, si fa del male senza saperlo, bisogna invece amarla la chiesa per edificarla, ed è proprio se si ama e si comprende che ogni singolo mattoncino spirituale siamo noi che la componiamo, solo allora potremmo davvero diventare la rivoluzione, e far cessare l’idea di Chiesa istituzionale e solamente gerarchica. Persone vive sceglie il maestro per edificare la sua chiesa, oggi siamo diventati pezzi da museo, questo ci potrebbe suggerirci il Vangelo di oggi: diventare pietre vive! Con la sua domanda essenziale: chi sia il Figlio dell’uomo? arrivando con un apice della professione di Pietr; e noi oggi fino a quando siamo cosi forti come Cefa? Siamo molto fragili che ci facciamo prendere dalle correnti ideologiche del momento, ma arriva in aiuto l’apostolo delle genti, Paolo di Tarso, la sua forza, la sua tenacia, la sua conversione ci spinge a spendere la nostra vita per il Signore, una rivoluzione vivente, due personalità opposte, ma che guardano a Cristo, entrambi semplici, umani e fragili, ma rivestiti da una corazza di fede, che gli fa fare grandi cose. Allora cosa potremmo fare? Essere Chiesa Sempre! Senza questo non possiamo definirci Cristiani! Quanto mai preghiamo per la Chiesa? Quando mai comprendiamo il nostro essere sepolti in Cristo con il Battesimo? Quanto comprendo il magistero petrino? Quanto sono Cristiano e seguo la Chiesa? Che cos’è la Chiesa per me? Tutto conduce a: Chi è Gesù per me? Non cerchiamo di fare gli ipocriti, e non rispondiamo subito a queste domande, mettiamoci in ascolto della PAROLA, partecipiamo al banchetto EUCARISTICO, confessiamo con ardore di SPIRITO la nostra FEDE, con una SPERANZA piena di CARITÁ. Facciamoci aiutare da queste due colonne che ricordiamo oggi PIETRO e PAOLO, chiediamo la docilità del cuore, la forza d’animo, la voglia di donare il mio incontro con Cristo senza oro e argento, ma con l’inestimabile fonte d’amore, e diventare con tenacia annunciatori senza confini.

Don Gianluca Spada 29 Giugno 2014 Solennità dei SS. Pietro e Paolo

Santi Pietro e Paolo

Pubblicato da: spgianluca | 24 giugno 2014

Precursori d’Amore

Dal Vangelo secondo Luca 1,57-66.80.
Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio.
I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei.
All’ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria.
Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni».
Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse.
Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati.
In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose.
Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: «Che sarà mai questo bambino?» si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui.
Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
La Chiesa oggi ricorda la nascita del precursore: Giovanni il Battista. Nel brano di oggi assistiamo ad una nascita straordinaria che rimane sostanzialmente nell’ordinario, perché tutti conservavano nel loro cuore quel prodigio. Più volte troviamo questa espressione, ebbene oggi risuona nelle nostre orecchie e la domanda principale è: cosa conserviamo nei nostri cuori? Si! I ricordi hanno un ampio spazio soprattutto delle persone care, oggi i miei ricordi vanno a chi non c’è più e con me festeggiava questo grande Santo di cui in parte porto il nome. Il suo nome è Giovanni esclama Zaccaria il muto per l’incredulità, e dal momento che tocca con le proprie mani il disegno di Dio, gli si sciolse la lingua. Vicini e famigliari rimangono stupiti per tutto. Un altro tema è la familiarità con Dio, allora nel nostro cuore cosa alberga? Ci spronano questi versetti a far posto nel nostro cuore a Dio, e diventare più fiduciosi in Lui. Ebbene abbiamo il mirabile esempio dei Santi, ma qua si parla di una vita nuova, che arriva ignara per un qual cosa che lo attende e non sa cosa gli accadrà! Essere il precursore, prendere in mano il bastone e iniziare un cammino, il cammino della vita e io oggi dove vado? Per chi cammino? Si, siamo chiamati a camminare nella nostra vita, il cammino che mi raccontava il mio nonno Giovanni! Camminare per le strade del mondo con la propria vita, ma la consapevolezza che Dio è accanto a noi, siamo testimoni e senza la sua presenza nella nostra vita non possiamo andare lontano. Il cammino di ogni cristiano è rivolto alla santità con la sequela Christi! Le strade spesso non sono facili da percorrere, ma è proprio questo il cammino che ci indirizza il precursore, il cammino dell’annuncio di Cristo, della luce delle genti, in questo mondo che oggi ha dimenticato il valore supremo della vita, che ha dimenticato i valori basilari del vivere sociale, lasciando spazio ad una idolatria filosofica e spesso idolatra del denaro e di una fantomatica libertà di pensiero che porta a rimanere carcerati dalle proprie ideologie, senza capire chi realmente ci ha fatto liberi con il suo immenso amore. La vita scorre, passa tranquillamente indisturbata, ma solo se pensiamo e viviamo come il Battista anelanti al Signore possiamo capire che, non avremmo solo una lapide alla fine di questo cammino ma la vita eterna che non consiste in una realtà parallela, ma ad una vera e propria libertà di felicità contemplando l’Amato. Quindi, nel nostro camminare domandiamoci chi è per me Gesù? L’Amato che non aspetta altro che noi lo amiamo ancora di più, donandosi ogni giorno nella nostra vita. Lodiamo il Signore e diventiamo seguaci dell’Annuncio di Cristo che ci ha resi liberi con la nostra testimonianza di fede!

Don Gianluca Spada 24 Giugno 2014 Solennità della Natività di San Giovanni Battista

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Pubblicato da: spgianluca | 22 giugno 2014

Follia Divina

Dal Vangelo secondo Giovanni 6,51-58.
In quel tempo, Gesù disse alla folla dei Giudei: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

La morte è il mistero che attanaglia l’umanità nella desolazione e nella paura, oggi più che mai ci viene mostrata la strada della vita, quella vita che non avrà mai un fine, ma che si realizza con il regno di Dio. Sperimentiamo l’amore grandioso di Dio, che avuto verso l’umanità intera fin dalla fondazione del mondo. L’umanità in cammino anche se si pone distante da questo amore divino, il Signore si rende presente, e lo ama ancora di più. Un amore che raggiunge i nostri giorni perché abbiamo una promessa che non ci lascerà mai soli, sarà con noi fino alla fine del mondo, ed è realmente presente in una forma speciale, il pane eucaristico. L’immagine del pane ci porta a pensare al grano, e noi siamo chiamati a far parte di questo corpo mistico, in altri tempi in questo periodo dell’anno potevamo vederli questi campi di grano che maturano sotto il sole estivo, quel chicco che va a formare la farina e diventare pane. Allora non solo abbiamo la strada per arrivare alla vita eterna, ma siamo chiamati a diventare comunione con tutti. Camminare insieme verso il Signore, il mondo di oggi ci chiede il soprannaturale perché non abbiamo testimonianza di opere! Quant’è vera questa umanità incredula e senza opere. Un esempio che possiamo vedere sono i Santi che hanno sperimentato nell’eucarestia il fulcro di quella forza e flusso vitale che gli ha sconvolto la vita, è un sentiero che da cristiani dobbiamo percorrere e credere sempre più, come durante i secoli in cui si dubitava la sua reale presenza: Lui il Signore ha sconvolto tutti i piani degli uomini con la sua manifestazione nei tanti miracoli eucaristici sparsi per il mondo, oggi il miracolo ci viene chiesto a noi. Se noi mangiamo di questo pane vivremo in eterno, si il vivere eternamente è seguire e Cristo e mangiare il suo corpo. Il Buon Pastore è il nostro pane di vita! Dobbiamo essere preparati con la nostra fede ad assaporare il pane disceso dal cielo, quel pane che ci richiama il sacrificio della croce come atto sublime di amore eterno per me essere umano. Si è unito a noi nella nostra umanità e diventa nostra forza vitale diventando pane. Se solo comprendessimo questa follia divina, ma forse ci impressioniamo talmente cosi tanto che non sappiamo vedere la grandiosità di questo mistero. Ma qual è il nostro credere? Ci crediamo davvero a questa svolta nella vita eterna? È questa la domanda che viene posta fra le righe se sappiamo comprendere un amore cosi grande che vince tutte le nostre mancanze, ma che Dio riempie di amore infinito. Questa realtà concreta che ci deve dilatare il cuore verso la vita eterna per gustare davvero il pane vivo. Il mio cammino mi ha posto tra le mani questo immenso dono: l’Eucarestia, forza e potenza, che tocco con le mie mani, è un sentirsi cosi piccoli per questa preziosità. Sperimentare questa grandezza nell’esposizione Eucaristica oppure amministrare il corpo di Cristo a chi ne fa umilmente richiesta, ma la sublimità è comunicare il fratello ammalato, che anela a questo dono come rinvigorimento solo cosi scaturiscono quegli stessi sentimenti che Ignazio di Loyola sperimentava con l’eucarestia con lacrime d’amore per un amore così grande e cosi folle che ci travolge solo se ci facciamo travolgere da quest’onda di pane diventando vita eterna! Ognuno di noi è chiamato alla santità e allora camminiamo su questa strada che ci porta dritti al cielo, come hanno fatto i santi.
Don Gianluca Spada 22 Giugno 2014 Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, – Anno A

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Pubblicato da: spgianluca | 17 giugno 2014

Il dono che diventa dono

Che dono meraviglioso ho sperimentato il giorno in cui abbiamo ricordato il mistero della SS. Trinità. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, si sono resi presenti. Da quando mi avevano chiamato a svolgere il mio ministero per amministrare il battesimo, ho atteso con gioia questo evento, con trepidazione e tanta paura per la grande responsabilità, una paura che si è dissolta con il mandato che Gesù da ai discepoli: Si! Quello mi ha dato la forza: “Andate in tutto il mondo e annunziate il vangelo e battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Un evento straordinario per me, un semplice diacono, che in virtù dell’Ordinazione, ho potuto generare a vita nuova nella fede nell’Amato che mi ha chiamato. Dire che si vive in continua gioia è poco, un sentimento che non si può spiegare se non si comprende l’amore! Amare l’Amato Gesù Cristo e metterci tutte le proprie forse per seguirlo, è un compito tanto faticoso, ma anche di testimone del Risorto! quel Risorto a cui ogni istante della mia vita rivolgo il mio pensiero. La trinità si manifesta nell’amore che ha verso l’umanità, si manifesta nella mia fragilità umana e si rende presente. Essere chiamato, non sempre siamo buoni ascoltatori, ma lui rompe tutti gli ostacoli, arriva al nostro cuore per essere dono per noi e diventare dono per gli altri. Ecco il dono che mi hai fatto mio Amato! Chiamarmi a far rinascere dall’acqua e dallo Spirito Santo nuove creature! Ebbene Domenica ho sperimentato questo grande dono, il dono che hanno accolto una coppia nel proprio figlio che presentano e chiedono alla Chiesa che la propria creatura diventi incorporato a Cristo, perché abbia la vita eterna, abbia quella grazia, quella fede che loro dovranno alimentare con l’aiuto dei propri famigliari ed amici, in cui dovrà essere perno centrale il padrino nel cammino della fede. Accogliere una docile creatura per far parte del corpo mistico della Chiesa, è qualcosa che riempie il cuore di gioia, ma che conferma la grande responsabilità del ministero. Il Segno di Cristo Salvatore è il primo dei gesti in questo sacramento, aumentare la familiarità con la croce di Cristo! Abbiamo spezzato la parola, preparare il nostro cuore a questo evento facendo parlare il Verbo, una teofania di Dio e della Trinità nel battesimo del Cristo! Abbiamo fatto risuonare nelle nostre orecchie il significato della Parola, e pregato insieme, invocando anche l’aiuto dei Santi, nostri amici presso Dio! Il piccolo nel cammino della vita si ritroverà gli amici attorno a lui, ma deve sapere che ha anche molti amici che lo aiuteranno e lo sosterranno nel suo cammino di fede e di vita, e questi sono proprio i Santi! Invocare la liberazione del peccato originale diventi tempio della gloria e dimora dello Spirito Santo, la forza dell’olio dei catecumeni fortifica ogni battezzato con la potenza di Cristo! Invochiamo la misericordia di Dio che fin dai tempi antichi dimostra verso l’uomo ripercorrendo la storia dell’umanità che tende la mano verso Dio e lo trova, attraverso le mie mani benedire l’acqua battesimale, e professare la fede in Gesù Cristo nostra salvezza rinunciando a satana, quella fede in cui crediamo tutti i presenti, ma che i genitori donano al proprio figlio. Dobbiamo essere forti nella scelta nel battesimo, e quindi la Chiesa chiede di nuovo l’impegno ai genitori, lo chiede anche a me! Affinché possa dire con consapevolezza “Io ti Battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” e con questa forza dell’acqua battesimale ti svegli piccola creatura! Sei nuova creatura! Diventi sacerdote, re e profeta! L’olio del Crisma ti identifica membro del suo corpo! Una veste nuova che devi portare senza macchia, guardando la luce del mondo che è Cristo Risorto con l’aiuto dei tuoi cari, e di tutta la Chiesa perché al più presto puoi proclamare la sua Parola, ma i tuoi occhi, carissima creatura di Dio, fanno capire come odi le nostre parole, che meraviglia stringi la mia mano sperando di essere strumento del Signore Gesù. Sei il mio primo battezzato e non so se il Signore ti metterà nel mio cammino ma ora ho una responsabilità in più, mi chiedi questo essere testimone ancora più vivace della salvezza. Il Dono che diventa dono al mondo attraverso il Battesimo! Piccole lacrime di gioia hanno invaso il mio cuore che solo l’Amato ricolma cosi grandemente. Grazie Gesù! Chiedo a Maria Vena di Tutte le Grazie e Madre della Chiesa che possa custodire sotto il suo manto il piccolo rigenerato nel battesimo! Ora ho una preghiera in più da elevare al Padre ogni giorno!

Don Gianluca Spada 17 Giugno 2014

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Pubblicato da: spgianluca | 17 giugno 2014

Il ricordo dell’Amore di Dio

Che stupore invade il cuore di ogni Linguaglossese, oggi ricordiamo il 91° anniversario dell’Evento miracoloso dove abbiamo sperimentato ancora una volta la protezione del Santo Patrono Egidio. La sua umiltà che si avvicina a Dio e intercede per il suo popolo che soffre e geme, per l’evento eruttivo dell’Etna che infuriata minacciava il paese, quelle case fatte con sudore e sacrifici! Sono delle donne a prendere il simulacro del Patrono con veemenza e forza! Quella forza che solo la fede può dare, un solenne atto di fede che tutti oggi ancora ricordiamo e invochiamo! Momenti in cui tutti si sentono smarriti ma che nella Chiesa trovano aiuto e consolazione, tutto scaturisce dal cuore, dove vi sono germogli di fede che spingono ben oltre la potenza della lava. Nulla è impossibile a Dio ci viene sussurrato nel cuore. Sembra avere davanti gli occhi l’Arciprete che desolato ma pieno di forza pronuncia queste parole al clero nella sagrestia della Chiesa madre di Linguaglossa: «Le nostre case, cari confratelli, sono le nostre Chiese; trascuriamo quelle che abitiamo per la nostra vita di uomini, ricordiamoci che siamo Sacerdoti! Salvate gli archivi, i vasi sacri, i paramenti, quanto potete. Le autorità mettono a disposizione camions e soldati. Tutto sarà trasportato al centro Diocesi. Queste sono le disposizioni del Vescovo e mie. Che il Sacro Cuore di Gesù, la Madonna e S. Egidio ci aiutino! Voi PP. Cappuccini pregate l’Immacolata e se potete slavate quel gioiello d’arte che è la custodia! All’ordine del Vescovo consumate le particole consacrate o, se ne avete il tempo, portatele a Piedimonte. Saremo gli ultimi a lasciare il nostro popolo le nostre belle Chiese la nostra Città. Il Vescovo non si sente a dare personalmente queste disposizioni».
Ma il Pastore della diocesi è in preghiera per il suo popolo davanti al tabernacolo, non conoscendo la forza dei suoi figli che confidano nel loro Patrono. Si è fatto portavoce del Papa Pio IX, che prega e sostiene anche lui il popolo in difficoltà. Forte è la testimonianza che possiamo dare, ma il racconto del Can. Zumbo fa scaturire le lacrime di quell’evento cosi mirabile quando il Vescovo Mons. Cento parla con alcuni rappresentati del popolo:
«Figlioli, coraggio! È stato questo il saluto. Parla uno a nome di tutti: Eccellenza, durante l’eruzione dell’Etna del 1556, la lava lambì le prime case del nostro paese. Egidio diede, in visione, il suo Pastorale ad una vecchietta paralitica, dimenticata dagli abitanti in fuga per l’immane pericolo. Appoggiati al mio bastone, vai nella Chiesa vicina, suona le campane e annunzia che l’eruzione è terminata il vostro paese è salvo. Da allora S. Egidio è il nostro Protettore, e per la sua intercessione, la nostra città è stata sempre liberata dalla lava, dal colera e dai terremoti. Eccellenza ecco la nostra richiesta: Portiamo il Pastorale del nostro santo in processione a Catena, piantiamolo dinanzi alla lava, siamo certi che il Pastorale non brucerà e Sant’Egidio, ancora una volta ci libererà da tanta rovina! Le parole di quell’uomo, pieno di fede, furono da tutti accolte con trepidante silenzio. Il Vescovo si coprì il volto con le palme delle mani, dopo qualche minuto, che sembrò interminabile il Vescovo guarda tutti; con i suoi occhi pieni di lacrime, negli occhi lacrimanti dei nostri Padri, e con voce sicura, dice: “Figliuoli, il Vangelo ci ricorda e, sono parole di Gesù: “chi ha fede può spostare anche le montagne”; ed in premio della fede ha operato tanti miracoli. Avete voi Fede? Si rispondiamo tutti. Allora va bene! Meritiamo tanta grazia? Figliuoli, domani dopo la confessione dei nostri peccati, dopo la SS. Messa che celebrerò e la Santa comunione che farete, in processione di penitenza porteremo il Pastorale a Catena!»
Siamo chiamati a testimoniare questo grande evento di misericordia di Dio, ieri, oggi e sempre. Ci deve portare ad un preghiera incessante, sempre e comunque, perché il valore della preghiera è immenso, e davvero può spostare le montagne se è completata con una fede autentica e una sequela Cristi sempre più forte…. Consegniamo ai nostri figli, una fede autentica, una fede meditata, un rapporto con Dio che la società di oggi non ha. La storia siamo noi e Dio si mostra al suo popolo che lo invoca! Testimoniamo con coraggio l’intercessione di S. Egidio!

Don Gianluca Spada 17 Giugno 2014

 

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